EMPOLI (3-4-2-1): 12 Seghetti; 2 Goglichidze, 34 Ismajli (dal 21′ 22 De Sciglio), 21 Viti; 11 Gyasi, 5 Grassi (dal 35′ st 6 Henderson), 93 Maleh (al 30′ st 10 Fazzini), 3 Pezzella (dal 35′ st 7 Sambia); 99 Esposito, 13 Cacace; 29 Colombo. A disp. 1 Perisan, 23 Vasquez; 31 Tosto, 39 Falcusan, 27 Zurkowski, 36 Bacci, 90 Konatè. All. Roberto D’Aversa
LECCE (4-3-3): 30 Falcone; 12 Guilbert, 6 Baschirotto, 19 Jean, 13 Dorgu; 29 Coulibaly, 75 Pierret (dal 37′ st 20 Ramadani), 14 Helgason (dal 7′ st 77 Kaba); 50 Pierotti (dal 23′ st 21 Bonifazi), 9 Krstovic, 7 Morente (dal 37′ st Karlsson). A disp. 1 Fruchtl, 32 Samooja; 98 Borbei, 3 Rebic, 23 Burnete, 26 Pehlivanov, 27 McJannet, 34 Daka, 36 Marchwinski. All. Marco Giampaolo
Arbitro: Sig. Daniele Chiffi di Padova (Imperiale-Preti | IV Uff.le Collu – VAR Marini-Sozza)
Marcatori: al 6′ 7 Morente (L), al 11′ 9 Krstovic (L); al 2′ st 13 Cacace (E), al 46′ st 9 Krstovic (L).
Note: Angoli Empoli 9 Lecce 2. Ammoniti: al 37′ 7 Morente (L); al 13′ st 75 Pierret (L), al 38′ st 9 Krstovic (L). Espulsi: nessuno. Recupero: 3′ pt – 4′ st. Spettatori: 10mila.
Abbiamo perso e anche male. Nessun alibi, come piace al tecnico Roberto D’Aversa, ma come in realtà è sempre piaciuto alla piazza empolese; un popolo sportivo, quello empolese, che negli anni ha dimostrato non solo di possedere una saggezza quasi unica nel panorama nazionale ma anche di sapersene intendere di calcio, aiutato certamente dall’alto livello a cui si è partecipato specie in quest’ultimo trentennio, e a volte di capire le cose anche un po’ prima della media. Qui ad Empoli non ci si galvanizza facilmente per qualche risultato di fila, non si producono tazzine particolari, non si fanno fuochi d’artificio se non a capodanno o quando l’obiettivo è già in cassaforte. E sempre qui ad Empoli non si fanno processi mirati, e nemmeno contestazioni particolarmente pesanti, la depressione è un termine usato quasi unicamente per descrivere gli eventi meteo piuttosto avversi. E’ così, e possiamo tranquillamente inserire questa caratteristica tra i segreti che hanno permesso al club di Monteboro, una volta Piazza Matteotti, di riuscire a costruire quel che è stato effettivamente costruito: club, città, sportivi e ultras, e ci metto pure i giornalisti, sono tutti “ingredienti” che si sono incastrati tra loro rendendo possibile una favola che non ha eguali.
Nessun alibi quindi, e con la stessa determinazione però possiamo affermare che il pesante 1-3 subito al Castellani in questo grigio e freddo sabato di gennaio è frutto di un altrettanto mix negativo che ha condotto ad un ultimo mese sportivo semplicemente da incubo. Un mix che probabilmente parte da molto lontano, e non certo dall’estate scorsa quando D’Aversa in panchina e il DS Gemmi sono stati chiamati a costruire l’ennesimo miracolo in una stagione di ripartenza, dopo una salvezza miracolosa ottenuta all’ultimo minuto che ha chiuso un particolare ciclo durato sette anni, ma che forse ha lasciato qualche “scoria” di troppo.
C’è da dire che tecnico e direttore sono riusciti a costruire un giocattolino praticamente perfetto, che ha sorpreso producendo risultati e dando prova di solidità: ergo, i tanti punti accumulati sulla zona retrocessione a novembre, una difesa ermetica al pari di una qualsiasi di quelle pensate per progetti europei. Nonostante un emergenza praticamente continua e quasi asfissiante il gruppo ha retto l’urto, fino a che, probabilmente, la tovaglia è diventata talmente corta e pure “sconquassata” che il nutriente alla base denominato intensità del D’Aversa docet è venuto inevitabilmente meno. Si è arrivati così alla vigilia di Empoli-Lecce, dove tra infortuni e l’impossibilità di poter fare mercato in tempi brevi hanno reso l’Empoli una squadra quasi “impresentabile” al cospetto del Lecce ed in un palcoscenico chiamato Serie A. Pochi giri di parole, e con tutta l’onestà e l’umiltà possibile.
Sotto shock già alla vigilia di Empoli-Lecce per l’ennesime defezioni di turno, quella di Anjorin e anche di Marianucci, chiamato eventualmente a sostituire Ismajli operato alla mano durante la settimana ma comunque titolare, quella di Ekong ceduto al Malmo che lascia l’attacco ancor più ridotto all’osso, la gara degli azzurri contro i salentini inizia in modo a dir poco scioccante. Sotto di due gol dopo undici minuti, mangiati vivi dai pugliesi, che alla mezzora potevano già stare sullo 0-4, passivo umiliante evitato solo grazie a due strepitosi interventi del diciannovenne ed esordiente portiere Seghetti. Nel disastro dell’Empoli c’è la bravura di Giampaolo che piazza Pierotti in una strana posizione, allarga le maglie difensive azzurre, sempre in inferiorità numerica nelle azioni offensive leccesi, tanto da far fare una figuraccia perfino a Pezzella. Il primo tempo, giocato contro vento, se ne va maledetto accompagnato da quel senso di frustrazione vissuto da tutto l’ambiente empolese, e si porta via con sé pure il guerriero Ismajli che è costretto al cambio dopo appena venti minuti. Al suo posto De Sciglio, con il “piccolo” Goglichidze centrale…
La ripresa è stata leggermente diversa. L’Empoli è sceso in campo con un piglio diverso e praticamente subito ha riaperto la contesa con una capocciata di Cacace. A quel punto si sono riviste intensità e carattere, il D’Aversa docet insomma, ma l’autonomia non è stata sufficiente per pareggiare i conti, e quando il tecnico si è voltato verso la panchina si è reso conto che mancava un po’ di tutto: quel calciatore in grado di inventarsi una prodezza, magari un altro in grado di strappare, e un attaccante per andare a mordere la maglia difensiva altrui. E’ finita con il peggiore dei finali, un altro gol degli avversari in pieno recupero come ad infierire su una ferita aperta.
Ora un ciclo terribile di partite “quasi” impossibili, a mercato aperto, e con una classifica inevitabilmente più brutta di qualche settimana fa, ma che perlomeno ci da speranza di potercela giocare fino alla fine. L’abbiamo avuta lo scorso anno quella speranza, abbiamo cullato il sogno fino alla fine tanto cercato che lo abbiamo agguantato all’ultima curva; ecco forse quest’anno dovremo avere la forza di trasformare l’incubo che stiamo vivendo in queste ultime settimane nell’ennesimo sogno da materializzare… anche se prima c’è da ricostruire un’altra volta la squadra, sei mesi dopo, quasi come fosse agosto.