𝙇𝙖 𝙤𝙡𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙚𝙡 𝙪𝙣𝙚𝙙𝙞
(Episodio 175) – In un weekend dicembrino piovoso e freddo, di vento pungente, di umido appiccicoso, si consumano due storie di lacrime e dolore: cadere e poi rialzarsi, è la storia di due attaccanti con le vite intrecciate tra loro.
Sono le quindici e nove minuti di domenica quando il ginocchio sinistro di Pietro Pellegri, numero nove dell’Empoli, gioca un brutto scherzo al centravanti azzurro. Il suo ginocchio congela i sogni di rivincita di un ragazzo che meriterebbe miglior gloria, e che ad Empoli e con l’Empoli si stava riprendendo quello che la sfortuna gli aveva tolto. Lui che era arrivato in prestito dal Torino, quel Torino contro cui aveva esordito in Serie A quando vestiva la maglia del Genoa, quel Torino che avrebbe affrontato da avversario nell’anticipo di venerdì. Tornerai più forte Pietro! Empoli sa aspettare … ed Empoli aspetta anche un altro giovane, Stiven Shpendi che ideologicamente aveva lasciato la maglia azzurra proprio a Pellegri. In prestito alla Carrarese, mentre suo fratello gemello fa sfracelli con il Cesena, lui si sbatte, battaglia, ringhia, ma niente, il gol non arriva. E soffre, soffre maledettamente, perché lui da l’anima, e un attaccante vive per il gol, è linfa, ossigeno vitale. Sono le sedici e trentacinque di un sabato cadetto quando Shpendi si butta con la solita generosità sull’ennesimo pallone offensivo; e questa volta va, va come deve andare, la palla entra, Stiven ce l’ha fatta, e piange, si lascia andare, si toglie il peso di dosso, lo fa capire con un gesto eloquente, via quella dannata “polvere” dalla casacca.
Cadere è il primo passo per rialzarsi: Empoli sa attendere, Pietro e Stiven adesso lo sapete…