𝙇𝙖 🥐𝙤𝙡𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙚𝙡 ✏️𝙪𝙣𝙚𝙙𝙞
(Episodio 152) – Sabato siamo stati letteralmente sbattuti fuori dall’Europeo, sbattuti fuori e presi a “ceffoni” da una Svizzera complessivamente superiore a noi, apparsa però piuttosto “normale”.
Come nella miglior tradizione italiana subito dopo il triplice fischio finale sono partiti i processi, e sulla graticola è finito ovviamente anche il CT Luciano Spalletti. Nessun alibi, però quando parla del poco tempo avuto a disposizione per progettare e costruire un nuovo percorso non possiamo dargli torto. E’ un dato di fatto.
Com’è oggettivamente un dato di fatto che i problemi della nostra Nazionale siano nati subito dopo la conquista del Mondiale 2006, dopo aver toccato l’apice, come si dice il cielo con un dito, con una generazione di calciatori e di talenti figli degli anni settanta e delle scuole calcio degli anni ottanta. Dalla seconda metà degli anni novanta in poi nelle scuole calcio qualcosa si è rotto, non fatevi ingannare dalla vittoria degli Europei del 2021, più frutto di una somma di situazioni favorevoli che altro. Adesso paghiamo una gestione squinternata del nostro calcio, dove politici e manager ingolositi dal giro d’affari hanno allungato le proprie mani facendo come si dice “più danni della grandine”.
Succede quando si fanno le cose guardando unicamente al lato degli interessi: succede quando a gestire i settori giovanili allontani la passione degli “uomini in tuta” per favorire gli “uomini in giacca e cravatta” che scelgono il giocatore in base ad un ludico affare di soldi. Succede se scegli di infarcire i settori giovanili di ragazzi presi a “due lire” da altri paesi, che costano meno fatica in tutti i sensi piuttosto che favorire la crescita del talento italiano. Succede che poi il talento italiano non germogli, e per fare un paragone accade esattamente come in un campo di calcio, quando la gramigna prende il sopravvento.
Un’altra verità è che in Italia è quasi scomparso il talento, sotto i colpi di una tattica ossessionata anche con un bimbo di otto anni. Viene insegnato loro il diligente comportamento nei vari schemi di gioco, l’inquadramento nei decimetri quadrati di propria competenza, il movimento tattico, con allenatori che si sentono strateghi dalle profonde scuole calcio e perfino quando per anni consecutivi allenano tra i dilettanti, prendendosi il merito pressoché totale di un successo di squadra e spogliatoio. Come se il compito di una scuola calcio non sia quello di scovare prima di tutto il talento.
E’ inutile continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto: guardiamo la realtà in faccia. Nella nostra Serie A il 66% dei calciatori sono stranieri, e molti di questi occupano spazio senza merito, o meglio dire rubano spazio a tanti talenti italiani senza merito. Tra i vari campionati Top 5 europei, se vogliamo continuare a considerare quello italiano tra i Top 5 in Europa, solo la Premier League inglese si avvicina ai nostri numeri con il 60%, gli altri tre campionati sono ben al di sotto di questi numeri altisonanti: la Liga addirittura al 37%, la Ligue 1 intorno al 40%, e la Bundesliga poco sopra il 45%. Peggio del campionato italiano in Europa ci sono solo Grecia, Turchia e Cipro. Analizzo spesso con i numeri, e sappiamo bene che alla resa dei conti i numeri non si sbagliano mai: certo vanno saputi interpretare bene.
Se un talento di 17 anni in Spagna può debuttare e stare in pianta stabile in Liga, in Italia il talento di 17 anni al massimo può giocare in Primavera oppure in Serie C che sta diventando una fotocopia sbiadita del campionato primavera: già perché dopo la Juventus e l’Atalanta ora in C troveremo anche il Milan, che farà giocare il talentuoso Camarda nella terza serie nazionale. E’ questa la cura?
Se l’Under 17 è fresca campione d’Europa, e le altre Under si sono comportate bene, significa che un pizzico di talento c’è: ma adesso la palla passa a chi dovrà gestire i piani alti. E’ questione di coraggio! Perché i progetti su carta sono tutti belli, come i rendering degli stadi, poi all’atto pratico conta la sostanza, e la sostanza sono i fatti.