𝙇𝙖 𝙤𝙡𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙚𝙡 𝙪𝙣𝙚𝙙𝙞
(Episodio 106) – Prima di tutto: “grazie!”.
Sì, grazie Roberto… perché lei ha raccolto un’eredità in frantumi, moralmente e materialmente.
Ha raccolto i cocci, e con grandissima professionalità è riuscito a rendere credibile e poi vincente un progetto.
In questi anni ho conosciuto un Roberto Mancini diverso da quello “controcorrente”, ma sempre lineare e corretto, che avevo ammirato da calciatore: giacca e cravatta, istituzionale, mai una virgola fuori posto.
Educato e rispettoso, anche quando forse a ragione c’erano tutti i presupposti per “alzare la voce”.
La coppa alzata al cielo insieme al “fratello” Gianluca, e agli amici di sempre, “Chicco”, Attilio, Fausto, resteranno all’infinito l’istantanea di un uomo di coerenza e professionalità.
La mancata qualificazione ai Mondiali, la seconda consecutiva, non riesco a vederla come un fallimento dentro ai suoi cinque anni di mandato: piuttosto l’evidenza di un calcio italiano alla deriva, malato… è stato fin troppo chiaro nelle sue dichiarazioni e nei suoi messaggi, tanto che si è percepita la “fatica” nel trovare gli uomini giusti per un nuovo progetto credibile e vincente.
Così ho ritrovato quel Roberto Mancini che conoscevo, quell’uomo capace con un gesto educato quanto deciso di stravolgere tutto.
In una calda e assolata domenica d’agosto, mentre gli italiani si apprestano ad aprire i cocomeri e in alcuni stadi si giocano le fasi “preistoriche” di una Coppa Italia senza lustro ne senso, lei è tornato “Mancio”: si è tolto giacca e cravatta, quanto è bastato per rimettere in discussione tutto, per rimettere la Nazionale Italiana al centro di tutto…
Perché lo abbiamo capito, che il suo gesto è per il bene della Nazionale, e di tutto il movimento.
È una rottura forte, forse adesso inattesa, come un colpo di tacco volante su calcio d’angolo, come un colpo di genio… che accende un dibattito, ma che prima di ogni cosa fa riflettere… e magari domani crescere.
Anche per questo è giusto dire “grazie”… Grazie Roberto!