Lunedì 23 Ottobre 2023, una data che inseriamo ben volentieri tra quelle da ricordare a futura memoria, e certo che iscriviamo in calce tra quelle pagine dorate del libro-favola chiamato Empoli FC 1920. Eppure a Firenze il pomeriggio era iniziato con un’uggiosa pioggerellina, che si è trasformata poi in un cielo piatto e grigio, privo almeno di squarci d’azzurro. E poi con il calar della luce il “Franchi” preso d’assalto da ventisettemila cuori viola armati di sciarpe e bandiere, pronti a risolvere a proprio favore e senza neanche immaginare appelli di sorta il “Derby dell’Arno”, quello in programma con gli “sventurati” cugini di campagna.
Così i giorni, le ore e finanche i minuti che hanno preceduto il match, sono trascorsi tra previsioni a senso unico, e lo snocciolamento dei numeri degli “squinternati” cugini: quattro punti, una sola vittoria, un solo gol fatto, zero punti con zero gol in trasferta… e poi un’unica sentenza, vittoria obbligata e vittoria pressoché scontata. Si respirava quest’aria nell’ambiente viola, tra i tifosi e anche tra qualche addetto ai lavori. Perdonatemi l’accostamento forzato ma ho in parte rivissuto il famoso Empoli-Inter del 1986, prima assoluta in A, in cui tifosi e addetti ai lavori snocciolavano la formazione fermandosi al settimo calciatore e lasciando libero arbitrio ad aggiungere gli altri quattro a caso, tanto enorme la differenza a prescindere.
E mentre la Fiorentina si è allenata immersa nei flash, tra fuochi d’artificio, suoni e musiche tambureggianti per il battesimo del Viola Park, una ventina di chilometri più ad ovest si preparava con millimetrica precisione una partita difficile quanto importante, e forse determinante per la propria stagione. Così Aurelio e i suoi ragazzi sono anche dovuti “emigrare” dal Sussidiario e dal Carlo Castellani, per la semina stagionale (a proposito contro l’Atalanta vedremo un manto erboso stupendo, ndr), trasferendosi per qualche giorno nel Centro Sportivo Petroio, immersi tra campi freschi di aratura, accompagnati dallo svolazzio di Gazze a caccia di prede e leprotti fuggitivi e imprendibili. In questo ambiente, nel silenzio e nei suoni della natura, lontano dai flash e dalle pressioni, l’Empoli ha proseguito la sua marcia di avvicinamento al derby, trasformando così una partita dall’esito scontato in qualcosa di stupendo ed inatteso ai più.
Così, nei novantanove minuti di confronto, l’Empoli ha davvero riportato tutto quanto assimilato nei giorni di studio e preparazione: un gioco di squadra capace di “arare” il campo in largo e lungo, Maleh “gazza” a centrocampo a caccia di prede e palloni, Cambiaghi e Cancellieri leprotti sfuggenti sulle fasce, gli acuti di Caputo e poi Gyasi, la musica dal “formaggino” in festa, e un 2-0 senza appelli. Una vittoria meritata e netta, frutto di sacrificio, di sorrisi dopo tanta sofferenza sportiva, dentro e fuori dal campo… come la sofferenza raccontata da Caputo che torna al gol e lo dedica alla piccola figlia dopo aver passato cinquanta giorni da incubo, quasi da fargli passare per la testa che forse era arrivato il momento di smettere con il calcio.
Una serata che lascia il segno, che traccia una strada importante e che se perseguita potrà portare all’obiettivo, quel nostro umile quanto straordinario traguardo…