ROMA (3-5-2) – Patricio; Mancini, Llorente, Ndicka; Kristensen, Cristante, Paredes (75’ Pagano), Sanches (46’ Bove), Spinazzola; Dybala (63’ Belotti), Lukaku (83’ Azmoun). All. Muorinho. A disposizione: Boer, Svilar; Karsdorp, Azmoun, Celik, Zalewski, Posilli, El Shaarawy.
Iniziamo il racconto della più grave sconfitta dell’Empoli della sua storia in Serie A partendo dalle parole espresse dal tecnico Paolo Zanetti nella Sala Stampa “Antonio Bassi” dello stadio “Carlo Castellani Computer Gross Arena”, andate in scena sabato mattina, a poco più di trenta ore dal fischio d’inizio della sfida dell’Olimpico: “siamo ultimi in classifica, con zero punti e zero gol fatti. Prendiamo atto che evidentemente qualcosa non è andato per il verso che volevamo, ma peggio di così non possiamo fare, c’è solo che da migliorare”.
Che giocare in casa della Roma fosse difficile, in un campo dove l’Empoli in campionato non ha mai vinto ottenendo solo due pareggi e segnando con il contagocce, lo sapevamo. Sapevamo anche che avremmo giocato innanzi a cinquantamila spettatori, e che avremmo trovato un ambiente carico a mille, nonostante il solo punto in classifica, soprattutto per la tanto attesa “prima uscita” della rinnovata coppia offensiva Dybala-Lukaku.
Tutto comprensibile, tutto messo in conto, insieme ad una probabile quinta sconfitta stagionale, consci che però non si parte mai battuti, insegnamento primario nello sport e nella vita.
Probabilmente i problemi sono molto più profondi di quanto non si sia potuto percepire: la confusione tattica, la condizione non ottimale di alcuni elementi, la tardiva costruzione della squadra troppo a ridosso di una stagione già iniziata, e il non aver saputo collocare e costruire il gioco su specifici calciatori con qualità tecniche decisamente superiori rispetto ad altri. Perdonatemi se non faccio nomi, credo che in questo momento non sia necessario.
Sono forse sufficienti questi elementi per non dover cercare un unico capo espiatorio, piuttosto distribuire in egual misura responsabilità che alla luce dei numeri emersi in questo primo mese di attività hanno assunto un valore piuttosto oggettivo.
L’Empoli non è ancora squadra, o perlomeno in partita, quella che assegna punti si intende, non sembra comportarsi da tale: impaurita, timida, per niente coraggiosa, sfilacciata, che sembra non dare mai quella sensazione di imprevedibilità e pericolosità; appare quasi come fosse “ogni volta” sempre per la prima volta insieme in campo.
L’Empoli in questo momento somiglia ad un’orchestra completamente fuori tempo, che trasmette ansia piuttosto che divertimento, e che da pure la sensazione che su quel “palco verde” non riesca neppure a divertirsi.
Altrimenti non si spiega la prestazione dell’Olimpico di Roma, perché non è tanto la sconfitta per 0-7 a ferire maggiormente, piuttosto il come è maturata. E’ inspiegabile che un calciatore dell’esperienza di Walukiewicz, nazionale, dopo trentasei secondi di partita intervenga su un normale cross in area completamente sbilanciato con il corpo; inspiegabile pure che si conceda un’autentica autostrada in occasione dello 0-2 dopo appena cinque minuti. Il terzo gol giallorosso è l’evidenziatore sulla frase: “confusione totale”.
Nel secondo tempo ci attendevamo qualcosa di diverso, eravamo quanto meno fiduciosi di poter osservare la solita caparbia reazione d’orgoglio in perfetto “stile Empoli”, magari non belli da vedere, ma compatti e decisi. Invece il secondo tempo, e soprattutto gli ultimi venti minuti, sono stati un disastro totale.
Tornando alle parole di Zanetti della vigilia, possiamo affermare che siamo riusciti a fare peggio di quello che avevamo fatto fino ad allora.
Quattro partite, quattro sconfitte, zero punti, dodici gol subiti, zero gol fatti. L’Empoli, questo Empoli, purtroppo, è già nella storia: la peggior partenza di tutti i tempi in Serie A, e la sconfitta più grave mai subita, prima di oggi in quelle peggiori ci ha visto soccombere al massimo con cinque gol di scarto.
E questo Empoli è già nella storia al negativo perfino per quanto riguarda la storia della Serie A: dopo quattro giornate con questi numeri, ovvero 0 punti e 0 gol fatti, eguaglia due formazioni del passato. Il Mantova nel 1964/65, retrocesso poi al termine della stagione, e il Padova nel 1994/95, che poi riuscì a salvarsi, in un campionato a diciotto squadre e con quattro retrocessioni.
E domenica, ironia della sorte, al Castellani arriva l’Inter, proprio quella squadra e quel club con cui iniziò il sogno azzurro in Serie A. Forse pensare a quel 14 settembre 1986 oggi può rappresentare la miglior medicina per scacciare via l’incubo; molti ragazzi dello spogliatoio attuale possono anche ripensare alla notte magica di San Siro dello scorso gennaio, in quella sera che agli occhi di oggi rappresenta forse il punto massimo toccato dalla gestione Paolo Zanetti.